MAXXI, LO SPAZIO DELL’IMMAGINE | ROMA

Il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo è un museo con sede a Roma, precisamente ubicato nel cuore del quartiere Flaminio. Progettato dall’architetto Zaha Hadid e gestito dall’omonima fondazione del Ministero per i beni e le attività culturali, è diviso in due sezioni: MAXXI Arte e MAXXI Architettura. Viene ufficialmente inaugurato il 28 maggio 2010.

Con il progetto del MAXXI si supera l’idea dell’edificio-museo. La complessità dei volumi, le pareti curvilinee, il variare e l’intrecciarsi delle quote determinano una trama spaziale e funzionale molto articolata che i visitatori possono attraversare seguendo percorsi sempre diversi e inaspettati.

Oggi vi propongo una piccolo tour virtuale attraverso alcune delle opere più significative della collezione permanente del museo Maxxi, “LO SPAZIO DELL’IMMAGINE.” Tra strumenti analogici e nuove tecnologie, la collezione tematica vuole da un lato evidenziare il forte legame delle opere con la pittura e la sua tradizione e dall’altro fare loro da contrappunto tra astrattismo e figurativismo, tra immagine percepita e spazio della relazione.

YAN PEI-MING, PAPE 2005. In una pratica ossessiva della ripetizione che lo porta a raffigurare personaggi religiosi come della politica, del cinema e dello star system, spesso privati di una sfondo e di una riconoscibilità geografica, i lavori di Yan pei-Ming sfuggono alle tradizionali categorie percettive, immortalando il soggetto in una dimensione metafisica, al di là del tempo e dello spazio. E’ possibile riconoscere Papa Giovanni Paolo in una posa inquieta e sofferente, fornendo una rappresentazione fortemente connotata del dolore umano, intende restituire un ritratto ideale dell’umanità.

MONICA BONVICINI – BENT AND FUSED (2018) Tubi a LED, acciaio, fili e cavi elettrici. E’ parte di una seria di complesse costruzioni dalle forme curve e arcuate, che disegnano e danno forma alla superficie luminescente. Quasi cento tubi sono legati da un sottile filo come se fosse un ricamo, ad evidenziare simbolicamente il contrasto tra la luce accecante e disturbante dei LED, in grado di trasformare la luce, percezione stessa dello spazio, e il sottile ordito del ricamo che li tiene insieme, chiaro riferimento alla condizione femminile e ai relativi pregiudizi e limitazioni culturali.

MARIO AIRO’, SPRINGADELA, 2000. Pensata per un ambiente buio, è un’installazione che consiste nella proiezione di una serie di diapositive sul pavimento, sopra rettangoli di sabbia. La sequenza di immagini di dune del deserto, segnate da lievi impronte di animali, si alterna a frammenti di disegni geometrici. Parte integrante dell’installazione è un suono composto da antiche musiche australiane, dal canto di un uomo e dai giochi vocali spontanei del figlio di Mario Airò che creano la parola nonsense Springadela. La proiezione di immagini sulla sabbia aiuta a costruire un riferimento diretto alla cultura aborigena del deserto.

BILL VIOLA, IL VAPORE 1975.  Viola fa convivere video, perfomance e partecipazione del pubblico. Sul monitor appare l’artista durante l’azione perfomativa mentre riempie il recipiente d’acqua, parte dell’installazione, usando la bocca. Il suono dell’acqua versata, precedentemente registrato, è diffuso nello spazio. L’immagine dello spettatore ripreso dalla video camera viene mixata in dissolvenza, sovrapponendosi alla perfomance dell’artista. L’opera mette in scena quasi un rituale di ispirazione orientale. Attraverso il video, il suono e il profumo diffuso dal vapore, il visitatore si immerge in uno spazio di meditazione e raccoglimento.

MARCO TIRELLI, PROTEO 2018. Un grande cercio si impone all’occhio del visitatore, un buco nero tagliato verticalmente da una costruzione di mezzaluna specchiante tridimensionale. Richiede tempi di osservazione lenti e meditati, un varco che conduce a un’altra dimensione, a ciò che è al di là. La divinità greca Proteo, oracolo con spiccate capacità di mutazione, si ritrova nel gioco delle superfici specchianti, tra luce e buio, visibile e invisibile. Il muro dello spazio espositivo ospita un paesaggio verso una dimensione ulteriore, ove la realtà corporea divine immateriale e spichica, un passaggio verso l’infinito.

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